Scemo chi legge?

Attenzione, questo brano è stato rubato dall’originale scritto da Luigi Corvaglia e lo copio solamente per tenerlo a disposizione.

Carlo M. Cipolla era un simpatico professore di Economia a Berkeley che decise di fare un originale regalo a suoi amici per il Natale del 1976. Gli regalò un volumetto in edizione limitata stampato da una inesistente casa editrice denominata The Mad Millers (I mugnai folli). La cosa non era nuova, infatti, tre anni prima gli amici del professore si erano visti consegnare un saggio intitolato Il ruolo delle spezie (e del pepe nero in particolare) nello sviluppo economico del Medioevo. Si trattava di un breve trattato umoristico, ma dotato di una sua logica, esattamente come il presente natalizio di tre anni dopo, intitolato Le leggi fondamentali della stupidità umana. Cipolla ne aveva individuate 5:

  • Prima Legge Fondamentale: Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.

  • Seconda Legge Fondamentale: La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona.

  • Terza Legge Fondamentale: Una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita.

  • Quarta Legge Fondamentale: Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide.

  • Quinta Legge Fondamentale: La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.

La legge “aurea” è la terza. Infatti lì Cipolla individua due fattori utili per indagare il comportamento umano, ossia il fatto che tale comportamento procuri danni o vantaggi e se questi l’individuo li procuri a sé stesso oppure agli altri. Mescolando questi due fattori è possibile individuare quattro tipi di persone:

  • Intelligenti: perseguono il proprio vantaggio e quello degli altri

  • Sprovveduti: danneggiano sé stessi e avvantaggiano gli altri

  • Stupidi: danneggiano gli altri senza avvantaggiare sé stessi o danneggiandosi

  • Banditi: danneggiano gli altri per trarne vantaggio.

Ciò si può rendere graficamente incrociando gli assi che rappresentano i due fattori. Se ne ottengono quattro quadranti che ospitano le quattro categorie di persone.

Cipolla osserva che la maggior parte delle persone non agisce coerentemente (ad es. “una persona intelligente può talvolta comportarsi da sprovveduto, come assumere un comportamento banditesco”). L’unica eccezione alla regola è rappresentata dalle persone stupide che in genere “mostrano una massima propensione per una piena coerenza in ogni campo d’attività”.

Acquisiti questi concetti basilari, è interessante rivolgere l’attenzione ad un’altra quadripartizione ottenuta incrociando due fattori. La dobbiamo a colui il quale era capo di stato maggiore al momento dell’elezione di Adolf Hitler a Cancelliere della Germania, il generale Kurt Von Hammerstein-Equord, al quale è attribuita una storica frase:

Divido i miei ufficiali in quattro gruppi: gli intelligenti, i diligenti, gli stupidi ed i pigri. Normalmente due di queste caratteristiche sono combinate tra loro nella stessa persona. Alcuni sono intelligenti e diligenti ed il loro posto è nello stato maggiore. Altri sono stupidi e pigri: compongono il 90% di qualsiasi esercito e sono adatti a compiti di routine. Chi è intelligente e pigro è qualificato per i massimi incarichi di leadership, perché possiede la necessaria chiarezza intellettuale e compostezza per le decisioni più impegnative. Bisogna guardarsi da quelli che sono allo stesso tempo stupidi e diligenti: a loro non si deve affidare alcuna responsabilità, combinano solo guai.

Qui il fattore intellettivo si incrocia con quello del livello di attività. Ciò può essere graficamente reso come segue:

La cosa può essere riassunta così: gli intelligenti come gli stupidi si possono dividere in pigri e diligenti; i più affidabili sono gli intelligenti pigri e i meno affidabili gli stupidi diligenti. Chi siano gli stupidi ce lo ha spiegato Cipolla, sono coloro i quali procurano danno agli altri senza riceverne un vantaggio personale in cambio. Ora Hammerstein ci dice che gli stupidi pigri non fanno troppi danni; è ovvio che a produrre danni senza ricavare vantaggi sono gli stupidi attivi. Hammerstein, però, sottolinea un altro importante aspetto, quello della posizione gerarchica. Più elevato il potere decisionale legato alla posizione, maggiore è la possibilità di produrre danni a sé e agli altri. Per questo il generale si premura di raccomandare di porre ai massimi incarichi di leadership gli intelligenti pigri. Anche Cipolla diceva che “gli stupidi al potere fanno più danni degli altri”. In una condizione ideale il problema non dovrebbe porsi, perché i poteri decisionali sarebbero appannaggio dei più capaci e meritevoli. Nella realtà, esiste un implacabile meccanismo in grado di falsare la giusta ripartizione delle mansioni nell’impalcatura sociale; duole dirlo, ma è la democrazia. Lo diceva Cipolla: “gli stupidi democratici usano le elezioni per mantenere alta la percentuale di stupidi al potere”.

Queste considerazioni ci portano ad introdurre un terzo personaggio: Jason Brennan. Questi è un filosofo politico di orientamento libertario, cioè un anarcoide ultra-liberale, per intenderci. Brennan ha scritto un provocatorio saggio intitolato Contro la democrazia. I cittadini hanno tutti uguale diritto di voto. E’ la maggiore conquista della modernità, quella della eguale dignità di ogni individuo. E’ per questo che la lettura del saggio di Brennan avviene sempre con prevenzione e fastidio. Vale la pena di superare questi sentimenti e seguire il ragionamento.

Attingendo al mondo del fantasy e della fantascienza, Brennan divide i cittadini in tre categorie: hobbit, hooligans e vulcaniani. Gli hobbit sono personaggi della saga de Il signore degli anelli di J. R. R.Tolkien. Sono creature “quasi umane” che vivono per i fatti loro interessandosi poco del mondo e ignorando cosa avviene “fuori dalla loro Contea”. I vulcaniani, invece, vengono dall’universo fantascientifico di Star Trek, la nota serie televisiva. Essi sono immaginati come umanoidi alieni dotati di un forte senso della ragione e della logica, espresse al massimo delle loro capacità tramite una totale repressione delle emozioni.

Brennan, pertanto, definisce “hobbit” coloro i quali hanno poco o nessun interesse per la politica e livelli molto bassi di conoscenza di idee, programmi e dinamiche; gli “hooligan” (cioè, i teppisti) sono quelli portati a sapere più degli hobbit, ma che ragionano di pancia, pertanto sono fortemente distorti nella valutazione delle informazioni e agiscono come tifosi di una squadra di calcio, con una spiccata tendenza a respingere pregiudizialmente tutte le tesi opposte alle proprie; i “vulcaniani”, invece, combinano una vasta conoscenza e una capacità analitica non inquinata dall’emotività o dal pregiudizio. Quella magnifica cosa che è la democrazia prevede che i cittadini si comportino da vulcaniani, invece, gli elettori sono generalmente hooligans (mentre gli hobbit spesso si astengono o votano svogliatamente). Fermiamoci un attimo.

Riprendiamo le affermazioni di Cipolla e e Hammerstein. Il primo diceva che degli stupidi “è impossibile stabilire una percentuale, dato che qualsiasi numero sarà troppo piccolo” e Hammerstein che gli stupidi rappresentavano “il 90 per cento di ogni esercito”. Insomma, se anche non fossero la maggioranza, come Cipolla, Hammerstein e la casistica di ognuno di noi sembrerebbe suggerire, gli stupidi sono di sicuro una percentuale talmente cospicua del totale di individui da far sì che le loro decisioni collettive prevalgano spesso e abbiano un’alta probabilità di soddisfare il criterio di danneggiare tanto gli altri (i contrari alla decisione) quanto sé stessi (l’aggregato dei decisori).

Pertanto, potremo trovare stupidi fra gli hobbit, ma questi sono pigri e, come ricordava Hammerstein, non fanno molti danni; ne potremo trovare perfino fra i vulcaniani, perché la conoscenza e la soppressione dell’emozione non ci assicurano contro la possibilità di danneggiare noi e gli altri, ma il vero ambiente ecologico dello stupido è il luogo in cui la logica non gode di grande apprezzamento, il tifo ha la meglio sull’analisi razionale e tutti sono convinti di essere nel giusto. Lo stupido alligna, prospera e si riproduce fra gli hooligans, cioè in quella che Brennan ci dice essere la parte più cospicua del corpo elettorale. Ne consegue che il potere è detenuto dagli stupidi.

Come non bastasse, è difficile non tener conto, perché è sotto gli occhi di tutti, di quanto Cipolla asseriva nel lontano ’76:

I grandi personaggi carismatici/demagoghi moltiplicano/attirano gli stupidi trasformandoli da cittadini pacifici in masse assatanate.

Cipolla scriveva prima dell’avvento dei social network, prima dell’utilizzo massivo delle fake news nell’agone politico e prima della diffusione del pervasivo discredito delle competenze e della cultura di cui siamo spettatori nell’era del trionfo dell’ “uno vale uno”, il più democratico fra i motti democratici. Infatti, una vena di anti-intellettualismo è ormai insinuata nei gangli vitali della nostra società, alimentata, come disse Isaac Asimov, dalla falsa nozione che la democrazia significhi “la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza”. E’ il fenomeno in base al quale l’opinione in materia scientifica di uno scienziato vale quanto quella di un idraulico informatosi su facebook. E’ la democrazia, bellezza!

Tom Nichols su questa morte della competenza ha scritto un libro recentemente pubblicato anche in Italia col titolo La conoscenza e i suoi nemici, in cui sottolinea come dalla disinformazione si passi all'”errore aggressivo”, perché questa insipienza cognitiva ed intellettuale si manifesta in forme rabbiose verso supposte elites culturali, politiche ed economiche, quando non verso potentati occulti, sfociando in un cospirazionismo che mette in pericolo la stessa democrazia che ne è stata madre.

Va infatti introdotto a questo punto un ulteriore elemento, non contemplato da Cipolla e Hammerstein, ma centrale in Brennan: l’ignoranza, appunto.

Come non bastasse la diffusa idiozia, la stragrande maggioranza degli elettori non ha la minima idea degli elementi basilari della questione per cui sta votando o delle questioni su cui le persone che sta delegando dovrebbero rappresentarla. Su questo tema Brennan costruisce l’intero suo libro, portando una mole di dati a favore della tesi dell’incompetenza dei cittadini.

Questa è indipendente dalla stupidità e deriva da un fenomeno noto come “ignoranza razionale“. Questo significa che accanto alla franca stupidità, costituita dall’incapacità di utilizzare la logica per inadeguatezza congenita, esiste anche una logica che rende razionale l’ignoranza.

Lo spiega bene il giurista Ilya Somin. In termini molto semplici, si può dire che il “gioco” (cioè la fatica di acquisire informazioni) non valga la “candela” (cioè, l’effettivo potere del singolo elettore di influire sull’esito del voto). Visti gli scarsi incentivi, è razionale dedicarsi ad altro piuttosto che pagare il costo di informarsi.  Purtroppo, però, le politiche che le persone difendono sono strettamente correlate a ciò che esse sanno.

Accanto alla teoria dell’ignoranza razionale, ce n’è un’altra quantomeno affine, quella della “razionalità dell’irrazionalità” come l’ha definita l’economista Bryan Caplan. Si tratta della razionalità dell’uso illogico dell’informazione, cioè il fenomeno per cui utilizziamo alcune informazioni basiche per comportarci come degli appassionati di sport.

Acquisiamo conoscenze sul calcio non tanto perché pensiamo di influenzare una partita, ma per accrescere il piacere che proveremo assistendo alla partita. Affrontiamo quindi la politica nella stessa maniera partigiana di un tifoso, ma i tifosi non sono razionali e spesso sono… “hooligans”. Se a questo aggiungiamo che ormai l’antintellettualismo e l’anti-scientismo sono portati con l’orgoglio dell’individuo che non si fa infinocchiare dalle “verità ufficiali” e dai professoroni pagati chissà da chi, il quadro diventa sconsolante.

Comunque sia, come non gradiremmo essere operati da un medico incompetente e nemmeno che il nostro lavandino fosse riparato da un idraulico improvvisato, secondo Brennan, non dovremmo permettere che gli ignoranti esprimano il loro parere su questioni sulle quali non hanno la minima competenza. Ciò perché, come Brennan sottolinea, il voto non è semplicemente una scelta individuale, ma «l’esercizio di un potere sugli altri».

E’ il potere degli ignoranti di imporsi su tutti, inclusi i saggi e gli intelligenti (i vulcaniani). Talvolta questo potere conduce alla produzione di un danno collettivo, che investe quindi anche coloro i quali hanno promosso le politiche che l’hanno causato, soddisfacendo con ciò il criterio previsto dalla terza legge fondamentale della stupidità di Cipolla. Questo trasforma i singoli individui semplicemente ignoranti di Brennan e Somin, magari non tutti stupidi, in un aggregato squisitamente stupido.

In definitiva, il quadro che viene a crearsi è quello di una mole di stupidi attivi e di ignoranti funzionali che realizzano una stupidità di gruppo, spesso aggressiva (hooligans), in grado di infarcire i governi di loro simili talmente attivi da essersi proposti per funzioni di governo; al di fuori, c’è una opinione pubblica a sua volta strabordante di conspecifici pronti a protestare davanti a qualunque manifestazione di determinazione vagamente razionale che il governo dovesse assumere a causa di mediazioni e per motivi di opportunità, nonostante la quota di idioti. In pratica, si protesta perché la gestione non è abbastanza stupida quanto gli stupidi desiderano.

La soluzione proposta del libertario Brennan a questo stato di cose è decretare la fine del suffragio universale. Egli propone l’epistocrazia, un sistema in cui il potere politico è formalmente distribuito secondo le competenze mediante meccanismi che ponderano il peso dei voti. La proposta è problematica proprio per essere assolutamente opposta alla mitizzata democrazia, scandalizza, confligge col nostro giacobino interiore ed è difficilmente praticabile anche per la indefinizione dei modi di valutazione delle competenze. Ciò non toglie che la grande sfida della contemporaneità sia conciliare la partecipazione e la necessità di arginare la stupidità fatta regime.

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